Entrando in un bar trovo questa scritta, e osservo alla barista: "Guardi che non c'è l'accento sul the!". E subito lei e i pochi clienti si mettono al cellulare su Google a vedere come si scrive la cosa: "Thea" se è scritto in inglese; "Te' " senza acca ci vuole l'accento; "The" in italiano non ci vuole. Concludo io: " Ma bastava la mia maestra a dirlo, non ci voleva Google!". E la barista, quasi indispettita: "Ma oggi è acido con noi?". "No, volevo solo chiarezza!" rispondo. Ma se volete restare piacevolmente nel vostro errore, e ve la prendete se vi correggono,per la vostra miglioria, facciate pure la figura degli ignoranti, e continuate così! Intanto, avete già perso un cliente: me!

Spunti per riflettere...


Dio sfugge ad ogni attività e risiede in ogni tipo di vitalità.

Le emozioni muovono solo se tu ti muovi, altrimenti volano via.

Ogni persona che incontri è uno spicchio/specchio del tuo io.

Dio si vede solo nei segni, le sue apparizioni son solo fandonnie.

Ammira quello che Dio fa, svincola da ciò che fa l'uomo per Lui.

Dio entra nella Bibbia solo quando l'hai chiusa.

Dio non scende mai nelle realtà, risale sempre da ognuna di esse.

La sincerità ostentata equivale alla egoisticità  alimentata.

Dio non si assomiglia a nessuno ma è nel diverso di tutti.

La libertà è essere libero da tutti per essere per tutti.

L'intimismo è la malattia dell'intimità che è senza comunità.

Ogni ritualità affloscia, ogni fede riesuma.

I peggiori nemici sono gli amici ai quali hai parlato con verità.

Quello che accusi nell'altro è quello che vivi male in te stesso.

Dio si rivela nell'invisibile e si cela nel visibile.

Ogni realtà contraria nasconde un'opportunità.

La mente si chiude con i sistemi e si allarga con un abbraccio.

Ricollegati sempre alle origini se vuoi rinnovarti.

Ogni amico nasconde in sè un tuo nemico, e viceversa.

A furia di elogiare l'altro sprofondi nelle sue paludi.
 

Io abito qui

 
 
 
 
Sullo sfondo, la Città Alta... 
 
Sullo sfondo, a destra: i Colli di Bergamo; a sinistra: la valle Brembana 

L'EREMITA IN CITTA'

 
 
Nel caos della città c’è sempre un piccolo pertugio: una fessura, una feritoia, una ferita morale o fisica, un dramma o una gioia, che diventano, agli occhi dell’Eremita attento, uno sguardo sulla città dell’umanità in progresso.
 
Dire una parola, fare un segno, accogliere una situazione, passare attraverso e accanto, stare vicino, condividere lo spirito, soffiare sull’animo, ridonare il sangue al cuore, rinfrescare la mente alla luce dell'Unica Mente Universale:
Questo è il compito dell’Eremita di città.
 
L’Eremita ha bisogno della città per respirare l’universo; la città ha bisogno dell’Eremita per crescere nella mente, nel cuore e nello spirito della Verità.
Entrambi convivono, nella difficoltà, ma nella arricchente diversità, cercandosi l’un l’altra come due misteriosi e appassionati amanti, coinvolgendo nel loro il progresso di ciascuno e di tutta quanta l'umanità.

"Apri la bocca; mo’ vi ti caco!"

COME IL DEMONIO IN FORMA DI CROCIFISSO APPARVE PIU' VOLTE A FRATE RUFFINO, DICENDOGLI CHE PERDEA IL BENE CHE FACEA, PERO' CHE EGLI NON ERA DEGLI ELETTI DI VITA ETERNA.
Di che santo Francesco per rivelazione di Dio il seppe, e fece riconoscere a frate Ruffino il suo errore e ch’egli avea creduto.
Frate Ruffino, uno de’ più nobili uomini d’Ascesi, compagno di santo Francesco, uomo di grande santità, fu uno tempo fortissimamente combattuto e tentato nell’anima dallo demonio della predestinazione, di che egli stava tutto malinconioso e tristo; imperò che l’demonio gli metteva pure in cuore ch’egli era dannato, e non era delli predestinati a vita eterna, e che sì perdeva ciò ch’egli faceva nell’Ordine. E durando questa tentazione più e più dì ed egli per vergogna non rivelandolo a santo Francesco, nientedimeno egli non lasciava l’orazioni e le astinenze usate; di che il nimico gli cominciò aggiugnere tristizia sopra tristizia; oltra alla battaglia dentro, di fuori combattendolo anche con false apparizioni
Onde una volta gli apparve in forma di Crocifisso e dissegli: «O frate Ruffino, perché t’affliggi in penitenza e in orazione, con ciò sia cosa che tu non sia delli predestinati a vita eterna? E credimi, che io so ciò io ho eletto e predestinato, e non credere al figliuolo di Pietro Bernardoni, s’egli ti dicesse il contrario, e anche non lo domandare di cotesta materia, però che né egli né altri il sa, se non io che sono figliuolo di Dio; e però credimi per certo che tu se’ del numero delli dannati; e ’l figliuolo di Pietro Bernardoni, tuo padre, e anche il padre suo sono dannati, e chiunque il seguita è ingannato». E dette queste parole, frate Ruffino comincia a essere sì ottenebrato dal principe delle tenebre, che già perdeva ogni fede e amore ch’egli avea avuto a santo Francesco, e non si curava di dirgliene nulla.Ma quello ch’al padre santo non disse frate Ruffino, rivelò lo Spirito Santo. Onde veggendo in ispirito santo Francesco tanto pericolo del detto frate, mandò frate Masseo per lui, al quale frate Ruffino rispuose rimbrottando: «Che ho io a fare con frate Francesco?». E allora frate Masseo tutto ripieno di sapienza divina, conoscendo la fallanza del dimonio, disse: «O frate Ruffino, non sai tu che frate Francesco è come uno agnolo di Dio, il quale ha illuminate tante anime nel mondo e dal quale noi abbiamo avuto la grazia di Dio? Ond’io voglio ch’a ogni partito tu venga con meco a lui, imperò ch’io ti veggio chiaramente esser ingannato dal dimonio». E detto questo, frate Ruffino si mosse e andò a santo Francesco.

E veggendolo dalla lunga santo Francesco venire, cominciò a gridare: «O frate Ruffino cattivello, a cui hai tu creduto?». E giugnendo a lui frate Ruffino, egli sì gli disse per ordine tutta la tentazione ch’egli avea avuta dal demonio dentro e di fuori, e mostrandogli chiaramente che colui che gli era apparito era il demonio e non Cristo, e che per nessuno modo ei dovea acconsentire alle suggestioni: «ma quando il demonio ti dicesse più: Tu se’ dannato, si gli rispondi: Apri la bocca; mo’ vi ti caco. E questo ti sia segnale, ch’egli è il demonio e non Cristo, ché dato tu gli arai tale risposta, immantanente fuggirà. Anche a questo cotale dovevi tu ancora conoscere ch’egli era il demonio, imperò che t’indurò il cuore a ogni bene; la qual cosa è proprio suo ufficio: ma Cristo benedetto non indura mai il cuore dell’uomo fedele, anzi l’ammorbida secondo che dice per la bocca del profeta: lo vi torrò il cuore di pietra e darovvi il cuore di carne». Allora frate Ruffino, veggendo che frate Francesco gli diceva per ordine tutt’l modo della sua tentazione, compunto per le sue parole, cominciò a lagrimare fortissimamente e adorare santo Francesco e umilemente riconoscere la colpa sua in avergli celato la sua tentazione. E così rimase tutto consolato e confortato per gli ammonimenti del padre santo e tutto mutato in meglio. Poi finalmente gli disse santo Francesco: «Va’ figliuolo, e confessati e non lasciare lo studio della orazione usata, e sappi per certo che questa tentazione ti sarà grande utilità e consolazione, e in breve il proverai».


Tornasi frate Ruffino alla cella sua nella selva, e standosi con molte lagrime in orazione, eccoti venire il nemico in persona di Cristo, secondo l’apparenza di fuori, e dicegli: «O frate Ruffino, non t’ho io detto che tu non gli creda al figliuolo di Pietro Bernardoni, e che tu non ti affatichi in lagrime e in orazioni, però che tu se’ dannato? Che ti giova affligerti mentre tu se’ vivo, e poi quando tu morrai sarai dannato?». E subitamente frate Ruffino risponde: «Apri la bocca; mo’ vi ti caco». Di che il demonio isdegnato, immantanente si partì con tanta tempesta e commozione di pietre di monte Subasio ch’era in alto, che per grande spazio bastò il rovinio delle pietre che caddono giuso; ed era sì grande il percuotere che faceano insieme nel rotolare, che sfavillavano fuoco orribile per la valle; e al romore terribile ch’elle faceano, santo Francesco con li compagni con grande ammirazione uscirono fuori del luogo a vedere che novità fosse quella; e ancora vi si vede quella ruina grandissima di pietre. Allora frate Ruffino manifestamente s’avvide che colui era stato il demonio, il quale l’avea ingannato. E tornato a santo Francesco anche da capo, si gitta in terra e riconosce la colpa sua. Santo Francesco il riconforta con dolci parole e mandanelo tutto consolato alla cella.

Nella quale standos’egli in orazione divotissimamente, Cristo benedetto gli apparve, e tutta l’anima sua gli riscaldò del divino amore, e disse: «Bene facesti, figliuolo che credesti a frate Francesco, però che colui che ti aveva contristato era il demonio. ma io sono Cristo tuo maestro, e per rendertene ben certo io ti do questo segnale, che mentre che tu viverai, non sentirai mai tristizia veruna né malinconia». E detto questo, si partì Cristo, lasciandolo con tanta allegrezza e dolcezza di spirito ed allevazione di mente, che ’l di e la notte era assorto e ratto in Dio.
E d’allora innanzi fu sì confermato in grazia e in sicurtà della sua salute, che tutto diventò mutato in altro uomo, e sarebbesi stato il dì e la notte in orazione a contemplare le cose divine s’altri l’avesse lasciato stare. Onde dicea santo Francesco di lui, che frate Ruffino era in questa vita canonizzato da Cristo, e che, fuori che dinanzi da lui, egli non dubiterebbe di dire santo Ruffino, benché fusse ancora vivo in terra.

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.
                                                                                           (Cap.29 dei "Fioretti" di San Francesco)

Al di là di me

Stare sulla soglia è ormai sempre più l’atteggiamento che ognuno di noi è tentato di avere nelle occasioni che passano davanti alla soglia della nostra vita. Stare a guardare e non decidere, aspettando cosa fanno gli altri, vedendo che cosa succede, lasciando che siano altri - chissà poi chi - a decidere per noi. Lo stare sulla soglia non riguarda solo alcuni momenti, ma ormai anche tutti gli aspetti della vita sociale, religiosa, famigliare, personale. Non siamo più capaci di andare oltre, di deciderci, di partecipare, di intervenire, e rimaniamo sulla soglia a osservare, ad attendere…e vedremo che cosa poi succederà.
Ma intanto le paure e i timori, le incertezze e i dubbi, i tentennamenti e le illusioni hanno già fatto succedere in noi la condizione di deformarci in un’ identità diversa dalla nostra: non siamo più noi stessi: siamo ormai le persone della soglia, che stanno sempre più in bilico, in un pericoloso equilibrio che si trasforma in compromesso, in anonimato e in indifferenza…tutte cose che si accrescono sempre più, pesandoci addosso, seppellendoci.
La scommessa vitale, pasquale, resurrezionale, rasserenante me e tutto attorno è lasciarmi condurre al di là di me, oltre la soglia del mio non essere ancora pienamente io. Già!… Ma chi, o che cosa mi può aiutare a decidermi per iniziare a fare io il primo passo?
La tomba. La mia tomba vuota. Il mio essere tomba vuota di me. Mi manco! Non ci sono!
Proprio così: osservando bene questa soglia, che sta per farmi trasformare in tomba di me stesso, proprio questo esame della coscienza sul mio essere finito sulla soglia, da qui scatta la decisione di fare il primo passo, di superare la soglia mortifera e mortale di tutto. Riprendendo l’energia per la vita, per la resurrezione, per riuscire a uscire dalla situazione della morte, ed essendo così in grado di affrontare la vita e la morte non come due cose a sè stanti, ma come due gemelle, due facce della stessa medaglia, due tasselli di un unico puzzle, due momenti che si ripresentano giorno per giorno, mentre io vado avanti con i miei passi, per un cammino nuovo, rinnovato e rinnovante, per me, per tutti, e per tutto.
La soglia, come la tomba vuota, non sono che provocazioni: se non esaminate, mi deformano a loro immagine, facendomi morire in ogni situazione; ma se considerate prove per me, renderanno a me stesso la vocazione del mio essere io, aiutandomi – nella buona e nella cattiva sorte – a procedere sempre più verso quella serenità che la vita mi dona, ogni giorno, sempre più di ieri e sempre meno di domani…e proprio verso là: al di là di me.

Al Bar...

"Un caffè"
...(Il barista porgendo la tazzina) "Prego!"
"Prego anch'io, ma forse non abbastanza!"
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Un amico invita l'altro al Bar e si rivolge al barista:
"Due caffè..."
"Due caffè anch'io, allora!" risponde l'amico

In confessione...

"Padre, ho perso la fede!..."
"Guardiamo qua sotto ai banchi...forse la troviamo!"
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"Padre, ho saltato la messa...!"
"E ti sei fatto male?"
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"Padre, io vengo quasi mai nella vostra chiesa..."
"Bene, uno in meno da seguire!"

Non chiamatemi più così...

La freddura dice che il padre di Gastone chiamava suo figlio "Tone" per risparmiare il Gas...
La realtà dice che...

Da pochi giorni in parrocchia,
mentre sto passando per la via della chiesa,
ecco lì un gruppetto di giovincelli seduti sul muretto, che salutandomi bonariamente,
mi si rivolgono:
- "Lei è il nuovo prete della parrocchia?"
- "Sì, mi chiamo don Luciano"
- "...Possiamo chiamarla don Luci?"
- "Certo che sì! L'importante è che non mi chiamiate con il secondo abbreviativo!"
Già...Da quel giorno mi chiamarono:...don...ano.

"Tutto bene?"...

Non so se capita anche a voi di sentirsi augurare ogni tanto:
"Tutto bene?" incontrando qualcuno...
Sta di fatto che parlando con un mio collega che ha come vocazione il recupero delle ragazze di strada, quando l'ho salutato con questa espressione, ha accennato un ironico sorriso.
Al mio sguardo meravigliato e stupito, mi ha detto: "Tutto bene?...Sai che questa è la prima frase che dicono al cliente le ragazze della strada per avere un approccio?". 
Sto pensando da allora di cambiare la mia espressione di saluto...

Flash della mia vita...

Questo sarei io secondo il vignettista...
 
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Qui mi sto facendo una canna...
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Non capita, ogni tanto, di esclamare "Che figura dimmerda!?"...
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Testa di casco...
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Ho mangiato tanto al giapponese...anche il giapponese...
 
Ma poi mi son messo a dieta, ed ecco che mi sto già restringendo...
 
 
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Confessarsi è più veloce e efficace con questa (as)soluzione!________________________________________________



 
"Uno di voi mi tradirà...".
"Son forse io?..." - chiedevano gli apostoli.
"Colui che mi sta fregando il vino, eccolo: è lui!"
 
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Stoltezza & Saggezza tra le mani...

Pollice viaggia in autostop,
indice spesso dice di no
poi viene il medio
che pensa e che sa
se l'anulare l'anello ce l'ha.
Ultimo il mignolo
è piccolino
sta dappertutto
è un po' birichino.
Poi tutti insieme
suonano il piano,
fanno ciao ciao,
e ti danno la mano


Le cinque dita della nostra mano ci richiamano ad atteggiamenti di saggezza o di stoltezza, da coltivare o da evitare:
 
Il Pollice:
 
  
(Saggezza:)Tutto ok! Sì! Mi va bene! Accetto! (Positività)
 
 
 
(Stoltezza:) Condanno! Non mi va! Non accolgo! (Negatività)
 
 
 
L'Indice:
 
 
(Saggezza:) Mira in alto! Ecco la strada! Guarda! (Positività)
 
 
 
(Stoltezza:) Pregiudizio! Prepotenza! Stai sotto! (Negatività)
 
 
Il Medio:
 
 
 
 
(Stoltezza:) C'è forse bisogno di spiegare il gesto? (Negativo)
 
 
 
(Saggezza:) In mezzo, in equilibrio, in armonia (Positività)


L'Anulare:


(Saggezza:) Mostra la fede nuziale e la fede vitale (Positivo)

 

(Stoltezza:) Tolgo fede nuziale; nascondo la fede (Negativo)


Il Mignolo:


(Stoltezza:) Ciò che è piccolo non vale niente (Negatività)
 


(Saggezza:) Ciò che è piccolo è sempre prezioso (Positivo)
 
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La Beghina *

( * Donna che ostenta devozione e assiduità nelle pratiche religiose; bacchettona, pinzochera )

C'è un'antipatica beghina che mi sta proprio sulle scatole, e neanche a farlo apposta incontro quasi sempre la mattina. Con la mente istintiva vorrei subito accopparla e infossarla in quattro e quattr'otto, eliminandola definitivamente dalla mia vista; ma con la pazienza riflessiva penso che Dio me la lasci sul cammino per esercitarmi a sopportare pazientemente, appunto, caritatevolmente, umilmente...ma non sempre riesco a fare ciò.

"Don Luciano, la sua predica di oggi...troppo corta!"
"...L'avrebbe gradita un po' più lunga?"
"Eh, certo!"
"...Beh, signora, allora facciamo così: quando lei accorcerà la sua lingua, io allungherò la mia predica!".

"Voi preti ne avete di soldi!...Lo so bene io: ho avuto ben due parenti sacerdoti...che sono morti qualche anno fa..."
"E' vero, signora, noi preti i soldi ce li abbiamo...ma poi, alla nostra morte, appaiono i parenti e se li portano via tutti loro!".