E' arrivato il bue grasso!


Mi ero messo davanti a una vetrina di macelleria, guardando alla gente che passava, anche un po' distratto...quando pian piano cominciai ad accorgermi che chi passava davanti a me sorrideva e si tratteneva a stento dal ridere...non mi ero accorto che dietro di me, sulla vetrina, c'era scritto proprio questo annuncio, che invitava la gente a vedere quel bue che sarebbe presto arrivato in macelleria...e che intanto ero io! 

Immacolata & Gioconda

"Da quando è morta l'Immacolata
la Gioconda non è più lei!"...

L'Immacolata non è la Madonna,
e la Gioconda non è opera di Leonardo...

Sono due amiche, una di nome Immacolata,
l'altra di nome Gioconda, molto legate...

L'amor sacro e l'amor profano...

Entrando in una casa, mi ha colpito questo quadro non tanto per il soggetto, quanto per il curioso accostamento in fondo allo stesso: le immagini di Padre Pio e di Papa Giovanni...
Vedere per credere...?
 
 

Anche i preti mangiano...

Noi preti della parrocchia ci troviamo a disagio spesso nei nostri negozi del quartiere...

Al supermercato, una signora:
"Anche lei mangia?..."
Commento mentale mio: questa come minimo è scema!

Un'altra:
"Quanta roba, don Luciano!"
La fulmino con lo sguardo: "Guardi che pago io!"
Poi aggiungo:
"Sì, la mangio tutta: non vede come sono grasso?!" (o scema! aggiungo a mente)
Come spiegare che avevo ospiti? Mi avrebbe anche chiesto chi, questa stronza!

(tra parentesi: una che viene tutte le mattine in chiesa...ma sta' a casa a farti i cazzi tuoi!)


Entrando in un bar trovo questa scritta, e osservo alla barista: "Guardi che non c'è l'accento sul the!". E subito lei e i pochi clienti si mettono al cellulare su Google a vedere come si scrive la cosa: "Thea" se è scritto in inglese; "Te' " senza acca ci vuole l'accento; "The" in italiano non ci vuole. Concludo io: " Ma bastava la mia maestra a dirlo, non ci voleva Google!". E la barista, quasi indispettita: "Ma oggi è acido con noi?". "No, volevo solo chiarezza!" rispondo. Ma se volete restare piacevolmente nel vostro errore, e ve la prendete se vi correggono,per la vostra miglioria, facciate pure la figura degli ignoranti, e continuate così! Intanto, avete già perso un cliente: me!

Spunti per riflettere...


Dio sfugge ad ogni attività e risiede in ogni tipo di vitalità.

Le emozioni muovono solo se tu ti muovi, altrimenti volano via.

Ogni persona che incontri è uno spicchio/specchio del tuo io.

Dio si vede solo nei segni, le sue apparizioni son solo fandonnie.

Ammira quello che Dio fa, svincola da ciò che fa l'uomo per Lui.

Dio entra nella Bibbia solo quando l'hai chiusa.

Dio non scende mai nelle realtà, risale sempre da ognuna di esse.

La sincerità ostentata equivale alla egoisticità  alimentata.

Dio non si assomiglia a nessuno ma è nel diverso di tutti.

La libertà è essere libero da tutti per essere per tutti.

L'intimismo è la malattia dell'intimità che è senza comunità.

Ogni ritualità affloscia, ogni fede riesuma.

I peggiori nemici sono gli amici ai quali hai parlato con verità.

Quello che accusi nell'altro è quello che vivi male in te stesso.

Dio si rivela nell'invisibile e si cela nel visibile.

Ogni realtà contraria nasconde un'opportunità.

La mente si chiude con i sistemi e si allarga con un abbraccio.

Ricollegati sempre alle origini se vuoi rinnovarti.

Ogni amico nasconde in sè un tuo nemico, e viceversa.

A furia di elogiare l'altro sprofondi nelle sue paludi.
 

Io abito qui

 
 
 
 
Sullo sfondo, la Città Alta... 
 
Sullo sfondo, a destra: i Colli di Bergamo; a sinistra: la valle Brembana 

L'EREMITA IN CITTA'

 
 
Nel caos della città c’è sempre un piccolo pertugio: una fessura, una feritoia, una ferita morale o fisica, un dramma o una gioia, che diventano, agli occhi dell’Eremita attento, uno sguardo sulla città dell’umanità in progresso.
 
Dire una parola, fare un segno, accogliere una situazione, passare attraverso e accanto, stare vicino, condividere lo spirito, soffiare sull’animo, ridonare il sangue al cuore, rinfrescare la mente alla luce dell'Unica Mente Universale:
Questo è il compito dell’Eremita di città.
 
L’Eremita ha bisogno della città per respirare l’universo; la città ha bisogno dell’Eremita per crescere nella mente, nel cuore e nello spirito della Verità.
Entrambi convivono, nella difficoltà, ma nella arricchente diversità, cercandosi l’un l’altra come due misteriosi e appassionati amanti, coinvolgendo nel loro il progresso di ciascuno e di tutta quanta l'umanità.

"Apri la bocca; mo’ vi ti caco!"

COME IL DEMONIO IN FORMA DI CROCIFISSO APPARVE PIU' VOLTE A FRATE RUFFINO, DICENDOGLI CHE PERDEA IL BENE CHE FACEA, PERO' CHE EGLI NON ERA DEGLI ELETTI DI VITA ETERNA.
Di che santo Francesco per rivelazione di Dio il seppe, e fece riconoscere a frate Ruffino il suo errore e ch’egli avea creduto.
Frate Ruffino, uno de’ più nobili uomini d’Ascesi, compagno di santo Francesco, uomo di grande santità, fu uno tempo fortissimamente combattuto e tentato nell’anima dallo demonio della predestinazione, di che egli stava tutto malinconioso e tristo; imperò che l’demonio gli metteva pure in cuore ch’egli era dannato, e non era delli predestinati a vita eterna, e che sì perdeva ciò ch’egli faceva nell’Ordine. E durando questa tentazione più e più dì ed egli per vergogna non rivelandolo a santo Francesco, nientedimeno egli non lasciava l’orazioni e le astinenze usate; di che il nimico gli cominciò aggiugnere tristizia sopra tristizia; oltra alla battaglia dentro, di fuori combattendolo anche con false apparizioni
Onde una volta gli apparve in forma di Crocifisso e dissegli: «O frate Ruffino, perché t’affliggi in penitenza e in orazione, con ciò sia cosa che tu non sia delli predestinati a vita eterna? E credimi, che io so ciò io ho eletto e predestinato, e non credere al figliuolo di Pietro Bernardoni, s’egli ti dicesse il contrario, e anche non lo domandare di cotesta materia, però che né egli né altri il sa, se non io che sono figliuolo di Dio; e però credimi per certo che tu se’ del numero delli dannati; e ’l figliuolo di Pietro Bernardoni, tuo padre, e anche il padre suo sono dannati, e chiunque il seguita è ingannato». E dette queste parole, frate Ruffino comincia a essere sì ottenebrato dal principe delle tenebre, che già perdeva ogni fede e amore ch’egli avea avuto a santo Francesco, e non si curava di dirgliene nulla.Ma quello ch’al padre santo non disse frate Ruffino, rivelò lo Spirito Santo. Onde veggendo in ispirito santo Francesco tanto pericolo del detto frate, mandò frate Masseo per lui, al quale frate Ruffino rispuose rimbrottando: «Che ho io a fare con frate Francesco?». E allora frate Masseo tutto ripieno di sapienza divina, conoscendo la fallanza del dimonio, disse: «O frate Ruffino, non sai tu che frate Francesco è come uno agnolo di Dio, il quale ha illuminate tante anime nel mondo e dal quale noi abbiamo avuto la grazia di Dio? Ond’io voglio ch’a ogni partito tu venga con meco a lui, imperò ch’io ti veggio chiaramente esser ingannato dal dimonio». E detto questo, frate Ruffino si mosse e andò a santo Francesco.

E veggendolo dalla lunga santo Francesco venire, cominciò a gridare: «O frate Ruffino cattivello, a cui hai tu creduto?». E giugnendo a lui frate Ruffino, egli sì gli disse per ordine tutta la tentazione ch’egli avea avuta dal demonio dentro e di fuori, e mostrandogli chiaramente che colui che gli era apparito era il demonio e non Cristo, e che per nessuno modo ei dovea acconsentire alle suggestioni: «ma quando il demonio ti dicesse più: Tu se’ dannato, si gli rispondi: Apri la bocca; mo’ vi ti caco. E questo ti sia segnale, ch’egli è il demonio e non Cristo, ché dato tu gli arai tale risposta, immantanente fuggirà. Anche a questo cotale dovevi tu ancora conoscere ch’egli era il demonio, imperò che t’indurò il cuore a ogni bene; la qual cosa è proprio suo ufficio: ma Cristo benedetto non indura mai il cuore dell’uomo fedele, anzi l’ammorbida secondo che dice per la bocca del profeta: lo vi torrò il cuore di pietra e darovvi il cuore di carne». Allora frate Ruffino, veggendo che frate Francesco gli diceva per ordine tutt’l modo della sua tentazione, compunto per le sue parole, cominciò a lagrimare fortissimamente e adorare santo Francesco e umilemente riconoscere la colpa sua in avergli celato la sua tentazione. E così rimase tutto consolato e confortato per gli ammonimenti del padre santo e tutto mutato in meglio. Poi finalmente gli disse santo Francesco: «Va’ figliuolo, e confessati e non lasciare lo studio della orazione usata, e sappi per certo che questa tentazione ti sarà grande utilità e consolazione, e in breve il proverai».


Tornasi frate Ruffino alla cella sua nella selva, e standosi con molte lagrime in orazione, eccoti venire il nemico in persona di Cristo, secondo l’apparenza di fuori, e dicegli: «O frate Ruffino, non t’ho io detto che tu non gli creda al figliuolo di Pietro Bernardoni, e che tu non ti affatichi in lagrime e in orazioni, però che tu se’ dannato? Che ti giova affligerti mentre tu se’ vivo, e poi quando tu morrai sarai dannato?». E subitamente frate Ruffino risponde: «Apri la bocca; mo’ vi ti caco». Di che il demonio isdegnato, immantanente si partì con tanta tempesta e commozione di pietre di monte Subasio ch’era in alto, che per grande spazio bastò il rovinio delle pietre che caddono giuso; ed era sì grande il percuotere che faceano insieme nel rotolare, che sfavillavano fuoco orribile per la valle; e al romore terribile ch’elle faceano, santo Francesco con li compagni con grande ammirazione uscirono fuori del luogo a vedere che novità fosse quella; e ancora vi si vede quella ruina grandissima di pietre. Allora frate Ruffino manifestamente s’avvide che colui era stato il demonio, il quale l’avea ingannato. E tornato a santo Francesco anche da capo, si gitta in terra e riconosce la colpa sua. Santo Francesco il riconforta con dolci parole e mandanelo tutto consolato alla cella.

Nella quale standos’egli in orazione divotissimamente, Cristo benedetto gli apparve, e tutta l’anima sua gli riscaldò del divino amore, e disse: «Bene facesti, figliuolo che credesti a frate Francesco, però che colui che ti aveva contristato era il demonio. ma io sono Cristo tuo maestro, e per rendertene ben certo io ti do questo segnale, che mentre che tu viverai, non sentirai mai tristizia veruna né malinconia». E detto questo, si partì Cristo, lasciandolo con tanta allegrezza e dolcezza di spirito ed allevazione di mente, che ’l di e la notte era assorto e ratto in Dio.
E d’allora innanzi fu sì confermato in grazia e in sicurtà della sua salute, che tutto diventò mutato in altro uomo, e sarebbesi stato il dì e la notte in orazione a contemplare le cose divine s’altri l’avesse lasciato stare. Onde dicea santo Francesco di lui, che frate Ruffino era in questa vita canonizzato da Cristo, e che, fuori che dinanzi da lui, egli non dubiterebbe di dire santo Ruffino, benché fusse ancora vivo in terra.

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.
                                                                                           (Cap.29 dei "Fioretti" di San Francesco)

Al di là di me

Stare sulla soglia è ormai sempre più l’atteggiamento che ognuno di noi è tentato di avere nelle occasioni che passano davanti alla soglia della nostra vita. Stare a guardare e non decidere, aspettando cosa fanno gli altri, vedendo che cosa succede, lasciando che siano altri - chissà poi chi - a decidere per noi. Lo stare sulla soglia non riguarda solo alcuni momenti, ma ormai anche tutti gli aspetti della vita sociale, religiosa, famigliare, personale. Non siamo più capaci di andare oltre, di deciderci, di partecipare, di intervenire, e rimaniamo sulla soglia a osservare, ad attendere…e vedremo che cosa poi succederà.
Ma intanto le paure e i timori, le incertezze e i dubbi, i tentennamenti e le illusioni hanno già fatto succedere in noi la condizione di deformarci in un’ identità diversa dalla nostra: non siamo più noi stessi: siamo ormai le persone della soglia, che stanno sempre più in bilico, in un pericoloso equilibrio che si trasforma in compromesso, in anonimato e in indifferenza…tutte cose che si accrescono sempre più, pesandoci addosso, seppellendoci.
La scommessa vitale, pasquale, resurrezionale, rasserenante me e tutto attorno è lasciarmi condurre al di là di me, oltre la soglia del mio non essere ancora pienamente io. Già!… Ma chi, o che cosa mi può aiutare a decidermi per iniziare a fare io il primo passo?
La tomba. La mia tomba vuota. Il mio essere tomba vuota di me. Mi manco! Non ci sono!
Proprio così: osservando bene questa soglia, che sta per farmi trasformare in tomba di me stesso, proprio questo esame della coscienza sul mio essere finito sulla soglia, da qui scatta la decisione di fare il primo passo, di superare la soglia mortifera e mortale di tutto. Riprendendo l’energia per la vita, per la resurrezione, per riuscire a uscire dalla situazione della morte, ed essendo così in grado di affrontare la vita e la morte non come due cose a sè stanti, ma come due gemelle, due facce della stessa medaglia, due tasselli di un unico puzzle, due momenti che si ripresentano giorno per giorno, mentre io vado avanti con i miei passi, per un cammino nuovo, rinnovato e rinnovante, per me, per tutti, e per tutto.
La soglia, come la tomba vuota, non sono che provocazioni: se non esaminate, mi deformano a loro immagine, facendomi morire in ogni situazione; ma se considerate prove per me, renderanno a me stesso la vocazione del mio essere io, aiutandomi – nella buona e nella cattiva sorte – a procedere sempre più verso quella serenità che la vita mi dona, ogni giorno, sempre più di ieri e sempre meno di domani…e proprio verso là: al di là di me.

Al Bar...

"Un caffè"
...(Il barista porgendo la tazzina) "Prego!"
"Prego anch'io, ma forse non abbastanza!"
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Un amico invita l'altro al Bar e si rivolge al barista:
"Due caffè..."
"Due caffè anch'io, allora!" risponde l'amico

In confessione...

"Padre, ho perso la fede!..."
"Guardiamo qua sotto ai banchi...forse la troviamo!"
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"Padre, ho saltato la messa...!"
"E ti sei fatto male?"
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"Padre, io vengo quasi mai nella vostra chiesa..."
"Bene, uno in meno da seguire!"

Non chiamatemi più così...

La freddura dice che il padre di Gastone chiamava suo figlio "Tone" per risparmiare il Gas...
La realtà dice che...

Da pochi giorni in parrocchia,
mentre sto passando per la via della chiesa,
ecco lì un gruppetto di giovincelli seduti sul muretto, che salutandomi bonariamente,
mi si rivolgono:
- "Lei è il nuovo prete della parrocchia?"
- "Sì, mi chiamo don Luciano"
- "...Possiamo chiamarla don Luci?"
- "Certo che sì! L'importante è che non mi chiamiate con il secondo abbreviativo!"
Già...Da quel giorno mi chiamarono:...don...ano.

"Tutto bene?"...

Non so se capita anche a voi di sentirsi augurare ogni tanto:
"Tutto bene?" incontrando qualcuno...
Sta di fatto che parlando con un mio collega che ha come vocazione il recupero delle ragazze di strada, quando l'ho salutato con questa espressione, ha accennato un ironico sorriso.
Al mio sguardo meravigliato e stupito, mi ha detto: "Tutto bene?...Sai che questa è la prima frase che dicono al cliente le ragazze della strada per avere un approccio?". 
Sto pensando da allora di cambiare la mia espressione di saluto...

Flash della mia vita...

Questo sarei io secondo il vignettista...
 
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Qui mi sto facendo una canna...
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Non capita, ogni tanto, di esclamare "Che figura dimmerda!?"...
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Testa di casco...
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Ho mangiato tanto al giapponese...anche il giapponese...
 
Ma poi mi son messo a dieta, ed ecco che mi sto già restringendo...
 
 
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Confessarsi è più veloce e efficace con questa (as)soluzione!________________________________________________



 
"Uno di voi mi tradirà...".
"Son forse io?..." - chiedevano gli apostoli.
"Colui che mi sta fregando il vino, eccolo: è lui!"
 
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Stoltezza & Saggezza tra le mani...

Pollice viaggia in autostop,
indice spesso dice di no
poi viene il medio
che pensa e che sa
se l'anulare l'anello ce l'ha.
Ultimo il mignolo
è piccolino
sta dappertutto
è un po' birichino.
Poi tutti insieme
suonano il piano,
fanno ciao ciao,
e ti danno la mano


Le cinque dita della nostra mano ci richiamano ad atteggiamenti di saggezza o di stoltezza, da coltivare o da evitare:
 
Il Pollice:
 
  
(Saggezza:)Tutto ok! Sì! Mi va bene! Accetto! (Positività)
 
 
 
(Stoltezza:) Condanno! Non mi va! Non accolgo! (Negatività)
 
 
 
L'Indice:
 
 
(Saggezza:) Mira in alto! Ecco la strada! Guarda! (Positività)
 
 
 
(Stoltezza:) Pregiudizio! Prepotenza! Stai sotto! (Negatività)
 
 
Il Medio:
 
 
 
 
(Stoltezza:) C'è forse bisogno di spiegare il gesto? (Negativo)
 
 
 
(Saggezza:) In mezzo, in equilibrio, in armonia (Positività)


L'Anulare:


(Saggezza:) Mostra la fede nuziale e la fede vitale (Positivo)

 

(Stoltezza:) Tolgo fede nuziale; nascondo la fede (Negativo)


Il Mignolo:


(Stoltezza:) Ciò che è piccolo non vale niente (Negatività)
 


(Saggezza:) Ciò che è piccolo è sempre prezioso (Positivo)
 
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La Beghina *

( * Donna che ostenta devozione e assiduità nelle pratiche religiose; bacchettona, pinzochera )

C'è un'antipatica beghina che mi sta proprio sulle scatole, e neanche a farlo apposta incontro quasi sempre la mattina. Con la mente istintiva vorrei subito accopparla e infossarla in quattro e quattr'otto, eliminandola definitivamente dalla mia vista; ma con la pazienza riflessiva penso che Dio me la lasci sul cammino per esercitarmi a sopportare pazientemente, appunto, caritatevolmente, umilmente...ma non sempre riesco a fare ciò.

"Don Luciano, la sua predica di oggi...troppo corta!"
"...L'avrebbe gradita un po' più lunga?"
"Eh, certo!"
"...Beh, signora, allora facciamo così: quando lei accorcerà la sua lingua, io allungherò la mia predica!".

"Voi preti ne avete di soldi!...Lo so bene io: ho avuto ben due parenti sacerdoti...che sono morti qualche anno fa..."
"E' vero, signora, noi preti i soldi ce li abbiamo...ma poi, alla nostra morte, appaiono i parenti e se li portano via tutti loro!".

Cacca del can

V'è chi porta a spasso il can ogni matina,
ma da qualche dì io vi porti la mia galina.
Tutto quanto l'è iniziato per un suo far maleducato:
per qualcuno d'incivile quella cosa io ho calpestato.
E se è vero che la colpa non la si può mai dare al can,
forse al suo padron un piccol segno e un richiamo van.
Non si tratta qui di far violenza o incitar faville o altro
ma di porre freno al dilagar di chi si crede tipo scaltro.
Se lasciar un escremento vale per qualsiasi tuo animale,
ecco metto in gioco non esagerando il segno del maiale?
Vado a passeggiar un poco lungo il vial con mia gallina,
sperando ch'essa becchi il padron della scomoda latrina.
Ma se anche questo non sarà, il mio segno certo stupirà
e cercando la risposta chiunque intanto il segno eviterà. 
Come quel can del suo padron, così anche la mia galina
fa imprecare e richiamar la gente per rifletter la mattina.
Occorre ripartir dal basso dell'escremento abbandonato
per far non l'animal ma il suo padron un essere educato.
Certo è più facile esser incivile, e quindi anche un po' vile
ma con un richiamo di can e di gallina rode anche la bile.
Forse stamattina il padron maleducato senz'essere notato
evitando di calpestar tutti i segni alla fine ci ha incontrato.
Riportando ora a casa la gallina già ci spero in domattina
che tra qua e là d'escremento ci sia un pur miglioramento.

Convinti & Contenti

Più aderiamo a un sistema o a un modello di fede per vivere la vita,
più diventeremo fanatici.
Più aderiamo a un sistema o a un modello di vita per vivere la fede,
più diventeremo credenti/credibili.
L'ottimo sarebbe l'essere
meno fanatici nella fede
e più credenti/credibili nella vita,
vivendo in verità quello che siamo.

La religione è " l'oppio dei popoli "

Occorre proprio questa “droga”, non c’è niente da fare.
E mettetecela tutta la polizia e le forze dell’ordine materiale e morale. Ma un po’d’oppio, ci insegnano le nuove generazioni, per dare tono alla vita è necessario. La religione, nel mondo d’oggi, è questo “oppio” che dà il tono e la spinta, specie nei momenti nei quali si vede che tutto va male. È la “droga” che, iniettata nella vena del vivere quotidiano, dà un senso di serenità e libertà di fronte a quello che succede, di bello e di brutto. Senza questa iniezione di serenità, il cristiano è impossibilitato a partecipare come tale alla vita del mondo, e anche se materialmente e fisicamente si può immergere negli impegni e nei gruppi, e nella società civile, tutto questo resta senza quel valore che solo la sua “droga” religiosa gli può fornire: la serenità. Il mondo ha bisogno di questa “droga” che, se da un lato è concreta e la si vede (la religione), dall’altro produce nel mondo una sensazione invisibile ma che dà il tono e il senso di tutto: la fede. Non a caso i profeti, che nell’Antico Testamento erano chiamati in ebraico: “nabì” = invasati (drogati), rappresentano anche oggi i modelli della partecipazione della vita del cristiano nel mondo. Partecipare alla vita del mondo con questa “droga” positiva non significa allora isolarsi e rifugiarsi in essa, a sognare, ma avere con essa il fondamento di tutto, della vita globale, che viene come condita da questa droga, proprio come avviene in cucina, con quelle droghe che sono le spezie. Per avere il senso di tutto, c’è poco da fare, bisogna proprio passare per questo segno dei tempi che ci indicano i nostri giovani del mondo, quelli proprio mondani nel senso vero e proprio: che vivono e godono della vita. E allora anche noi, non possiamo stare e starli a guardare, ma dobbiamo partecipare, essere anche noi protagonisti nella vita, portando in noi e proponendo intorno a noi il segno della positività della vita: la religione, appunto,“oppio” dei popoli.

"Chi non lavora non fa l'amore"

Quella suorina, da dietro la grata, con quelle sue poche parole, mi ha proprio scioccato!... Come può dirmi lei, dal suo far niente della clausura, che l’amore lei lo vive senza fare l’amore? E poi, quella strana parola: “castità”! Già, ma che lavoro è la castità, che attività riguarda nella vita? Ma quella benedetta figliola avrà ancora provato il resto della “castità”, cioè le gioie della vita, il piacere, tutto ciò che insomma rende qualcosa di concreto? “La castità per me è il modo migliore d’amare”, mi ha detto con semplicità, così, su due piedi. Boh! “Cosa le dà la castità, sorella?”, le ho chiesto con un po’ d’ironia. E lei: “II senso di tutto ciò che vivo: vivo amando”. Già: amando. E mi ritorna la questione: amare. Per me, immerso nel mondo di tutti i giorni, quell’amore non può esse re che concreto, e non ci può certo stare se non lo vedo, se non lo tocco. Per lei, mi pare proprio che sia un amore che non si vede, che non si tocca; eppure, non mi sembra affatto una ragazza fuori dal mondo. È anche carina e graziosa, quella suorina, e non penso proprio che abbia scelto la sua vocazione seguendo il motto: “Quando il mondo non mi vuol più, mi rivolgo al buon Gesù”. Penso proprio che avrebbe avuto da fare nel mondo, e lavorare per qualcosa di più utile. Invece, se ne sta lì, contenta di vivere un’attività che non si vede e che non rende, secondo me. Certo che mi ha proprio scioccato e un po’ scombussolato, direi... In crisi, io? No, no, non lo sono. Sono soltanto curioso di sapere cosa sta dietro a quelle grate, se c’è vita là, dietro quelle inferriate che non mi convincono, perché non mi appare chiaro e subito quello che si sta facendo e ciò che si sta vivendo. Ma perché questa separazione, questo nascondimento, questo distacco dal mondo, perché questa attività, questo non lavorare quando ce n’è tanto bisogno? Mi passerà... Ma quello che non posso proprio dimenticare, intanto, è quel volto sorridente e sereno della suorina, che - scommetto l’osso del collo - non sto sbagliando a dire che quella sta vivendo per amore. Davvero, è una che sa amare, quella.

Il Cardinale e la prostituta


E non se ne rendeva ancora conto... Era successo tutto in un momento, come una delle sue solite azioni quotidiane, con estrema serenità, padronanza e consapevolezza di sé. Aveva preso poi in un attimo la decisione di andare da una ragazza di strada, e l’aveva attuata. Cinquantamila lire. Per illudersi di possedere per un breve momento il corpo e l’anima di quella ragazza: 25 anni, di origine greca, da due mesi in Italia e avviata da un’amica a fare il ‘mestiere’.
Lui, in quella relazione, si era reso conto di essere molto goffo ed impacciato, non a causa dell’impedimento della sua vita di ecclesiastico, ma per non essere mai stato capace fino ad allora di amare veramente e con sincerità.
Un rapporto che era apparso per lui essere come il macabro responso di una biopsia della sua anima, del suo cuore e della sua mente: tu vuoi un amore solo egoista, fatto sulla tua misura, vuoi solo il piacere per te, che ti faccia sentire più grande di quello che sei.
Ma ora, quello che sei te lo ha detto proprio l’incontro faticoso e confuso con quella ragazza.
E mentre appare il tuo essere che va verso la morte e il nulla, lei a sua insaputa e inconsapevolmente ti si è rivelata il segno del tuo Dio, che a suo favore registra la vita, e a tuo sfavore fa apparire la morte.
Eminenza, dove sono i suoi cardini?

Bidè

Ben col suo cavallo aveva viaggiato non poco per il mondo, e ora era più o meno a metà della sua meta: voleva raggiungere la vetta dell’Everest, piantare lì una tenda e aspettare di sentire il canto degli dei. Non era solo una leggenda per lui, quella che gli avevano narrato e della quale si era innamorato: era una scommessa, poter ascoltare nella notte sulla montagna più alta del mondo, il luogo più vicino al cielo, il canto sommesso degli dei. La leggenda diceva che chi avrebbe ascoltato questa musica divina avrebbe ricevuto in dono la possibilità di cantare con loro: sì, proprio con gli dei. Era così partito in quella avventura tanto rischiosa ma anche dalla meta tanto ambita; lo aveva fatto un po’ per orgoglio – sarebbe stato il primo umano a vivere quell’esperienza – e un po’ perché era stanco della solita vita piena di malinconia e di monotonia. Infine, avrebbe anche avuto la prova dell’esistenza di dio, e questo non era cosa da poco. Ora si trovava tra le dune del deserto, e col cavallo ansimante procedeva a rilento; la sabbia che il vento sollevava confondeva anche il loro procedere; a stento Ben riusciva a orientarsi in quella nube che gli impediva di distinguere…là, in fondo, verso quella che doveva essere una duna, c’era qualcosa…che cos’era? Spronò il cavallo, che procedendo piano piano, con immensa fatica, ondeggiando la criniera per terra ad ogni passo, come per spazzar via gli ostacoli e annusare ciò a cui si avvicinava, lo portò a raggiungere quel... Bidè?!...Che ci fa un bidè qui, in mezzo al deserto? Ben saltò giù dal cavallo, e si avvicinò stupefatto a quell’oggetto seminascosto nella sabbia della duna…lo prese con una mano e lo tirò verso di sé, per accertarsi se davvero fosse...un bidè?...Non è possibile!...Ma che senso ha averlo portato fin qui, nel deserto?...Si sedette tra il cavallo e il bidè, osservando ora l’uno, ora l’altro, come a rendersi conto di ciò che aveva con sé e ciò che aveva trovato; poi scrutò qualche attimo il bidè, e si disse: sembra un mandolino! Si mise di fianco al bidè, lo sollevò e se lo pose in grembo, poi iniziò a immaginare di suonare il bidè come un mandolino...E il bidè iniziò miracolosamente a suonare per davvero; il cavallo si volse a Ben; e lui intonò una canzone al suo cavallo, accompagnandosi col bidè. Era questo il canto degli dei, scesi dal cielo nel bidè, per unirsi al sogno di quell'uomo che voleva salire su da loro con un grande desiderio di amare. E non fu cosa da poco per Ben aver avuto con il bidè anche la prova dell'esistenza di Dio.

Jim ecologo

Ne aveva viste di tutti i colori nella sua vita, le aveva considerate, valutate e osservate con attenzione e con cura, una per una, cominciando dalle più piccole fino alle più grandi, dalle belle alle brutte, dalle sane alle ammalate. Ma mai una lo aveva colpito e l’aveva attratto così. Era una speciale, questa, non poteva lasciarla perdere. Doveva riuscire almeno a toccarla con la mano, e avere la sensazione della bellezza, della piacevolezza, dell’intensità del colore. Non era possibile lasciar passare quel momento, lasciarselo sfuggire. Un’occasione così unica l’avrebbe ancora avuta?
Allungò pian piano, delicatamente la mano verso di lei...

E la piccola farfalla si posò sul palmo della sua mano, permettendogli un’attimo denso di piacere, di attenzione, di gioia e di entusiasmo del cuore, della mente e dell’animo. Essere amante dell’ecologia era diventato per Jim il senso della sua vita, la sua passione, ma anche di più: la sua religione, quasi un mondo di sacralità. E certo la natura delle cose non si smentiva di fronte alle sue attese: gli offriva ogni giorno le meraviglie della fauna e della flora, ponendolo in cammino per nuove scoperte.
 
Ma la farfalla tanto fragile e bella non si muoveva ancora da lì, da quella mano che pareva essere diventata per qualche attimo in più la sua sdraio, il luogo dopo porsi tranquilla e beata, quasi ammirando lei la gioia di Jim, quasi fosse lei alla ricerca della natura dell’umanità. Sembrava voler dire, fare, e quasi quasi baciare il volto di colui che la osservava con cuore nobile, sincero e rispettoso, non profittando della fragilità di lei o della superiorità di lui. Un incontro naturale, semplice e bello, con l’eco del cuore di lui che si trasmetteva umile a lei, e l’eco dell’anima di lei, che con quelle sue piccole ali pareva un angioletto che invitata Jim a scorrazzare nel cielo. Improvvisa la mente umana però tacque, permettendo alla piccola farfalla di riprendere il suo volo nel prato, e lasciando sul palmo della mano di Jim una piccola ombra di sana follia.

Esorcismo

"ESCI DA QUESTO CORPO!...
   ESCI DA QUESTO CORPO!!...
      ESCI DA QUESTO CORPO!!!..."

 
...e lo spirito maligno uscì
nientemeno che dal corpo dell'esorcista.