La religione è " l'oppio dei popoli "

Occorre proprio questa “droga”, non c’è niente da fare.
E mettetecela tutta la polizia e le forze dell’ordine materiale e morale. Ma un po’d’oppio, ci insegnano le nuove generazioni, per dare tono alla vita è necessario. La religione, nel mondo d’oggi, è questo “oppio” che dà il tono e la spinta, specie nei momenti nei quali si vede che tutto va male. È la “droga” che, iniettata nella vena del vivere quotidiano, dà un senso di serenità e libertà di fronte a quello che succede, di bello e di brutto. Senza questa iniezione di serenità, il cristiano è impossibilitato a partecipare come tale alla vita del mondo, e anche se materialmente e fisicamente si può immergere negli impegni e nei gruppi, e nella società civile, tutto questo resta senza quel valore che solo la sua “droga” religiosa gli può fornire: la serenità. Il mondo ha bisogno di questa “droga” che, se da un lato è concreta e la si vede (la religione), dall’altro produce nel mondo una sensazione invisibile ma che dà il tono e il senso di tutto: la fede. Non a caso i profeti, che nell’Antico Testamento erano chiamati in ebraico: “nabì” = invasati (drogati), rappresentano anche oggi i modelli della partecipazione della vita del cristiano nel mondo. Partecipare alla vita del mondo con questa “droga” positiva non significa allora isolarsi e rifugiarsi in essa, a sognare, ma avere con essa il fondamento di tutto, della vita globale, che viene come condita da questa droga, proprio come avviene in cucina, con quelle droghe che sono le spezie. Per avere il senso di tutto, c’è poco da fare, bisogna proprio passare per questo segno dei tempi che ci indicano i nostri giovani del mondo, quelli proprio mondani nel senso vero e proprio: che vivono e godono della vita. E allora anche noi, non possiamo stare e starli a guardare, ma dobbiamo partecipare, essere anche noi protagonisti nella vita, portando in noi e proponendo intorno a noi il segno della positività della vita: la religione, appunto,“oppio” dei popoli.