Cacca del can

V'è chi porta a spasso il can ogni matina,
ma da qualche dì io vi porti la mia galina.
Tutto quanto l'è iniziato per un suo far maleducato:
per qualcuno d'incivile quella cosa io ho calpestato.
E se è vero che la colpa non la si può mai dare al can,
forse al suo padron un piccol segno e un richiamo van.
Non si tratta qui di far violenza o incitar faville o altro
ma di porre freno al dilagar di chi si crede tipo scaltro.
Se lasciar un escremento vale per qualsiasi tuo animale,
ecco metto in gioco non esagerando il segno del maiale?
Vado a passeggiar un poco lungo il vial con mia gallina,
sperando ch'essa becchi il padron della scomoda latrina.
Ma se anche questo non sarà, il mio segno certo stupirà
e cercando la risposta chiunque intanto il segno eviterà. 
Come quel can del suo padron, così anche la mia galina
fa imprecare e richiamar la gente per rifletter la mattina.
Occorre ripartir dal basso dell'escremento abbandonato
per far non l'animal ma il suo padron un essere educato.
Certo è più facile esser incivile, e quindi anche un po' vile
ma con un richiamo di can e di gallina rode anche la bile.
Forse stamattina il padron maleducato senz'essere notato
evitando di calpestar tutti i segni alla fine ci ha incontrato.
Riportando ora a casa la gallina già ci spero in domattina
che tra qua e là d'escremento ci sia un pur miglioramento.

Convinti & Contenti

Più aderiamo a un sistema o a un modello di fede per vivere la vita,
più diventeremo fanatici.
Più aderiamo a un sistema o a un modello di vita per vivere la fede,
più diventeremo credenti/credibili.
L'ottimo sarebbe l'essere
meno fanatici nella fede
e più credenti/credibili nella vita,
vivendo in verità quello che siamo.

La religione è " l'oppio dei popoli "

Occorre proprio questa “droga”, non c’è niente da fare.
E mettetecela tutta la polizia e le forze dell’ordine materiale e morale. Ma un po’d’oppio, ci insegnano le nuove generazioni, per dare tono alla vita è necessario. La religione, nel mondo d’oggi, è questo “oppio” che dà il tono e la spinta, specie nei momenti nei quali si vede che tutto va male. È la “droga” che, iniettata nella vena del vivere quotidiano, dà un senso di serenità e libertà di fronte a quello che succede, di bello e di brutto. Senza questa iniezione di serenità, il cristiano è impossibilitato a partecipare come tale alla vita del mondo, e anche se materialmente e fisicamente si può immergere negli impegni e nei gruppi, e nella società civile, tutto questo resta senza quel valore che solo la sua “droga” religiosa gli può fornire: la serenità. Il mondo ha bisogno di questa “droga” che, se da un lato è concreta e la si vede (la religione), dall’altro produce nel mondo una sensazione invisibile ma che dà il tono e il senso di tutto: la fede. Non a caso i profeti, che nell’Antico Testamento erano chiamati in ebraico: “nabì” = invasati (drogati), rappresentano anche oggi i modelli della partecipazione della vita del cristiano nel mondo. Partecipare alla vita del mondo con questa “droga” positiva non significa allora isolarsi e rifugiarsi in essa, a sognare, ma avere con essa il fondamento di tutto, della vita globale, che viene come condita da questa droga, proprio come avviene in cucina, con quelle droghe che sono le spezie. Per avere il senso di tutto, c’è poco da fare, bisogna proprio passare per questo segno dei tempi che ci indicano i nostri giovani del mondo, quelli proprio mondani nel senso vero e proprio: che vivono e godono della vita. E allora anche noi, non possiamo stare e starli a guardare, ma dobbiamo partecipare, essere anche noi protagonisti nella vita, portando in noi e proponendo intorno a noi il segno della positività della vita: la religione, appunto,“oppio” dei popoli.

"Chi non lavora non fa l'amore"

Quella suorina, da dietro la grata, con quelle sue poche parole, mi ha proprio scioccato!... Come può dirmi lei, dal suo far niente della clausura, che l’amore lei lo vive senza fare l’amore? E poi, quella strana parola: “castità”! Già, ma che lavoro è la castità, che attività riguarda nella vita? Ma quella benedetta figliola avrà ancora provato il resto della “castità”, cioè le gioie della vita, il piacere, tutto ciò che insomma rende qualcosa di concreto? “La castità per me è il modo migliore d’amare”, mi ha detto con semplicità, così, su due piedi. Boh! “Cosa le dà la castità, sorella?”, le ho chiesto con un po’ d’ironia. E lei: “II senso di tutto ciò che vivo: vivo amando”. Già: amando. E mi ritorna la questione: amare. Per me, immerso nel mondo di tutti i giorni, quell’amore non può esse re che concreto, e non ci può certo stare se non lo vedo, se non lo tocco. Per lei, mi pare proprio che sia un amore che non si vede, che non si tocca; eppure, non mi sembra affatto una ragazza fuori dal mondo. È anche carina e graziosa, quella suorina, e non penso proprio che abbia scelto la sua vocazione seguendo il motto: “Quando il mondo non mi vuol più, mi rivolgo al buon Gesù”. Penso proprio che avrebbe avuto da fare nel mondo, e lavorare per qualcosa di più utile. Invece, se ne sta lì, contenta di vivere un’attività che non si vede e che non rende, secondo me. Certo che mi ha proprio scioccato e un po’ scombussolato, direi... In crisi, io? No, no, non lo sono. Sono soltanto curioso di sapere cosa sta dietro a quelle grate, se c’è vita là, dietro quelle inferriate che non mi convincono, perché non mi appare chiaro e subito quello che si sta facendo e ciò che si sta vivendo. Ma perché questa separazione, questo nascondimento, questo distacco dal mondo, perché questa attività, questo non lavorare quando ce n’è tanto bisogno? Mi passerà... Ma quello che non posso proprio dimenticare, intanto, è quel volto sorridente e sereno della suorina, che - scommetto l’osso del collo - non sto sbagliando a dire che quella sta vivendo per amore. Davvero, è una che sa amare, quella.

Il Cardinale e la prostituta


E non se ne rendeva ancora conto... Era successo tutto in un momento, come una delle sue solite azioni quotidiane, con estrema serenità, padronanza e consapevolezza di sé. Aveva preso poi in un attimo la decisione di andare da una ragazza di strada, e l’aveva attuata. Cinquantamila lire. Per illudersi di possedere per un breve momento il corpo e l’anima di quella ragazza: 25 anni, di origine greca, da due mesi in Italia e avviata da un’amica a fare il ‘mestiere’.
Lui, in quella relazione, si era reso conto di essere molto goffo ed impacciato, non a causa dell’impedimento della sua vita di ecclesiastico, ma per non essere mai stato capace fino ad allora di amare veramente e con sincerità.
Un rapporto che era apparso per lui essere come il macabro responso di una biopsia della sua anima, del suo cuore e della sua mente: tu vuoi un amore solo egoista, fatto sulla tua misura, vuoi solo il piacere per te, che ti faccia sentire più grande di quello che sei.
Ma ora, quello che sei te lo ha detto proprio l’incontro faticoso e confuso con quella ragazza.
E mentre appare il tuo essere che va verso la morte e il nulla, lei a sua insaputa e inconsapevolmente ti si è rivelata il segno del tuo Dio, che a suo favore registra la vita, e a tuo sfavore fa apparire la morte.
Eminenza, dove sono i suoi cardini?

Bidè

Ben col suo cavallo aveva viaggiato non poco per il mondo, e ora era più o meno a metà della sua meta: voleva raggiungere la vetta dell’Everest, piantare lì una tenda e aspettare di sentire il canto degli dei. Non era solo una leggenda per lui, quella che gli avevano narrato e della quale si era innamorato: era una scommessa, poter ascoltare nella notte sulla montagna più alta del mondo, il luogo più vicino al cielo, il canto sommesso degli dei. La leggenda diceva che chi avrebbe ascoltato questa musica divina avrebbe ricevuto in dono la possibilità di cantare con loro: sì, proprio con gli dei. Era così partito in quella avventura tanto rischiosa ma anche dalla meta tanto ambita; lo aveva fatto un po’ per orgoglio – sarebbe stato il primo umano a vivere quell’esperienza – e un po’ perché era stanco della solita vita piena di malinconia e di monotonia. Infine, avrebbe anche avuto la prova dell’esistenza di dio, e questo non era cosa da poco. Ora si trovava tra le dune del deserto, e col cavallo ansimante procedeva a rilento; la sabbia che il vento sollevava confondeva anche il loro procedere; a stento Ben riusciva a orientarsi in quella nube che gli impediva di distinguere…là, in fondo, verso quella che doveva essere una duna, c’era qualcosa…che cos’era? Spronò il cavallo, che procedendo piano piano, con immensa fatica, ondeggiando la criniera per terra ad ogni passo, come per spazzar via gli ostacoli e annusare ciò a cui si avvicinava, lo portò a raggiungere quel... Bidè?!...Che ci fa un bidè qui, in mezzo al deserto? Ben saltò giù dal cavallo, e si avvicinò stupefatto a quell’oggetto seminascosto nella sabbia della duna…lo prese con una mano e lo tirò verso di sé, per accertarsi se davvero fosse...un bidè?...Non è possibile!...Ma che senso ha averlo portato fin qui, nel deserto?...Si sedette tra il cavallo e il bidè, osservando ora l’uno, ora l’altro, come a rendersi conto di ciò che aveva con sé e ciò che aveva trovato; poi scrutò qualche attimo il bidè, e si disse: sembra un mandolino! Si mise di fianco al bidè, lo sollevò e se lo pose in grembo, poi iniziò a immaginare di suonare il bidè come un mandolino...E il bidè iniziò miracolosamente a suonare per davvero; il cavallo si volse a Ben; e lui intonò una canzone al suo cavallo, accompagnandosi col bidè. Era questo il canto degli dei, scesi dal cielo nel bidè, per unirsi al sogno di quell'uomo che voleva salire su da loro con un grande desiderio di amare. E non fu cosa da poco per Ben aver avuto con il bidè anche la prova dell'esistenza di Dio.

Jim ecologo

Ne aveva viste di tutti i colori nella sua vita, le aveva considerate, valutate e osservate con attenzione e con cura, una per una, cominciando dalle più piccole fino alle più grandi, dalle belle alle brutte, dalle sane alle ammalate. Ma mai una lo aveva colpito e l’aveva attratto così. Era una speciale, questa, non poteva lasciarla perdere. Doveva riuscire almeno a toccarla con la mano, e avere la sensazione della bellezza, della piacevolezza, dell’intensità del colore. Non era possibile lasciar passare quel momento, lasciarselo sfuggire. Un’occasione così unica l’avrebbe ancora avuta?
Allungò pian piano, delicatamente la mano verso di lei...

E la piccola farfalla si posò sul palmo della sua mano, permettendogli un’attimo denso di piacere, di attenzione, di gioia e di entusiasmo del cuore, della mente e dell’animo. Essere amante dell’ecologia era diventato per Jim il senso della sua vita, la sua passione, ma anche di più: la sua religione, quasi un mondo di sacralità. E certo la natura delle cose non si smentiva di fronte alle sue attese: gli offriva ogni giorno le meraviglie della fauna e della flora, ponendolo in cammino per nuove scoperte.
 
Ma la farfalla tanto fragile e bella non si muoveva ancora da lì, da quella mano che pareva essere diventata per qualche attimo in più la sua sdraio, il luogo dopo porsi tranquilla e beata, quasi ammirando lei la gioia di Jim, quasi fosse lei alla ricerca della natura dell’umanità. Sembrava voler dire, fare, e quasi quasi baciare il volto di colui che la osservava con cuore nobile, sincero e rispettoso, non profittando della fragilità di lei o della superiorità di lui. Un incontro naturale, semplice e bello, con l’eco del cuore di lui che si trasmetteva umile a lei, e l’eco dell’anima di lei, che con quelle sue piccole ali pareva un angioletto che invitata Jim a scorrazzare nel cielo. Improvvisa la mente umana però tacque, permettendo alla piccola farfalla di riprendere il suo volo nel prato, e lasciando sul palmo della mano di Jim una piccola ombra di sana follia.

Esorcismo

"ESCI DA QUESTO CORPO!...
   ESCI DA QUESTO CORPO!!...
      ESCI DA QUESTO CORPO!!!..."

 
...e lo spirito maligno uscì
nientemeno che dal corpo dell'esorcista.